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    The Black Crown è il nuovo progetto del musicista e produttore campano Paolo Navarretta. Il sound proposto dalla band di Piano di Sorrento è fortemente influenzato da gruppi americani esplosi nella seconda metà degli anni 90 (in particolare i Tool), forse anche in virtù della tournée negli Stati Uniti intrapresa in passato dal frontman assieme al suo primo gruppo, i Mustywig. È così che in Fragments si possono assaporare suoni appartenenti ad un passato prossimo, che uniscono sonorità alternative metal a sporadiche atmosfere malinconiche post-grunge, quest’ultime peraltro perfettamente in grado di coinvolgere emotivamente l’ascoltatore.

    Sin dall’opentrack Gate i principi basilari ai quali gli strumenti vengono sottoposti sono ampiamente esplicati, perciò riecheggiano i ritmi lenti imposti dalle corde poderose del basso, le mazzate sui piatti da parte della batteria, i riff pesanti e distorti della chitarra. La sei corde esce spesso dal seminato concedendosi qualche gradevole deviazione, come avviene sui passaggi forsennati presenti nel cuore di Forge e prima del finale claustrofobico di Ghosts. Le protagoniste assolute dell’album sono però le sensazioni prodotte da una sorta di gigantesca, uggiosa e coprente nuvola grigia; un alone di spettrale drammaticità permane lungo tutto il disco, ma è tangibile solo su tracks profondamente grunge come Wheel e Rising: le melodie deprimenti e riflessive fuoriescono in tutta la loro espressività sui bridge, colpendo il povero malcapitato senza alcuna via di scampo (a tal proposito il pianoforte utilizzato su Rising è maledettamente efficace). L’imperfetta estensione vocale del leader del gruppo non viene “mascherata”, altresì diviene un modo per esplicitare rabbia e disappunto. I suoi lamenti imperversano sul finale della coinvolgente Flames: uno dei migliori brani del lotto dove i reali punti di forza sono gli instancabili refrain e la carismatica prova di Scott Haskitt dietro alle pelli. Infine è doveroso sottolineare l’interessante Feed, introdotta dalla cupa parentesi elettronica di Icona. L’atmosfera che si viene a creare permane nei suoni ovattati del brano in questione, caratterizzato perlopiù dalla durezza delle sue radici nu metal e dalla lenta e precisa esecuzione.

    Fragments è un lavoro totalizzante. La percezione che si ha di essere inghiottiti in drammi esistenziali che ci riguardano è fin troppo reale e viene trasmessa tramite musica, testi e copertina. Proprio quest’ultima, raffigurante un edificio scuro e uniforme sotto un cielo plumbeo, rende giustizia all’intero contesto, esulando il lavoro da insignificanti riferimenti spazio-temporali. Il fatto che Paolo Navarretta si sia fatto carico dell’intera release, dalla composizione dei brani all’artwork, dal mixaggio alla fase di mastering, fa capire il perché di un risultato così omogeneo e ben congegnato.

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